Interpretando il silenzio - Studio Elios
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Interpretando il silenzio

Interpretando il silenzio

La storia

 

Ludovica è una giovane informatica che di solito ascolta, riflette con calma ed infine sceglie di non parlare. Così, dei suoi silenzi e monologhi interni, si stufa il compagno che decide di lasciarla dopo una lunga convivenza, seppur a malincuore. Tanto gli dispiace che cerca di alleviare il senso di colpa, invitandola ad andare in terapia. Logicamente Ludovica è perplessa.  Non è abituata ad usare le parole per condividere quello che accade nel suo mondo interno. Mi racconta che è abituata a funzionare in completa autonomia, i pensieri si susseguono nella mente come anelli di fumo per  poi sparire chissà dove.

Non capisce perché ciò dovrebbe essere un problema.  Tutti nella sua famiglia sono abituati ad un linguaggio operativo: come sarà il tempo, lavoro, vacanze, soldi, sport e poco altro di contingente Mi colpisce l’utilizzo frequente della parola “fastidio “.

La infastidiscono molte cose, il traffico, i rumori, la gente, un po’ tutto insomma e soprattutto l’emotività e l’irrequietezza del compagno che risponde ai suoi silenzi alzando sempre più il tiro e diventando polemico e litigioso. Da sempre fuori dalla vita vera, Ludovica si dedica alle arti marziali, così come altri componenti della sua famiglia, nella quale l’aggressività regna sovrana anche se ma viene espressa verbalmente. Non ricorda nessuno scambio emotivo tra lei e la madre. Mai, in nessuna occasione la madre è stata sentita come “vera”.

Persino durante un’infanzia agitata e ribelle, caratterizzata da marachelle e piccoli atti vandalici, non rimane in lei il ricordo di uno scambio comunicativo tra loro. “Ricordo di aver rubato la bici del vicino e di averla buttata nel lago. Mio madre è venuta a prendermi ai giardini e non ha detto una parola. Niente.  Ne’ in quel momento, ne’ poi.”

 

Il presente

 

Questa modalità di comunicazione viene fatta propria inconsapevolmente e si traduce nel “fastidio” provato durante le lunghe, ultime discussioni col compagno: si sente impreparata,  lontana dai suoi silenzi, come “persa nella nebbia, con la paura di non vedere gli ostacoli finché non ci si va a sbattere contro”.

Si paralizza, come sospesa nel vuoto. Il compagno reagisce reattivamente: litigi, polemiche per un nonnulla, muri e bronci difensivi ed infine un tradimento più esibito che sentito. Ludovica resta immobile, non riesce a comprendere e può solo scegliere quello che è stato scelto per lei : il silenzio. Sono preoccupata e mi torna in mente un racconto di Dostoevskij, “La Mite”, dove “ ai suoi entusiasmi rispondevo col silenzio, benevolo, s’intende…ma presto lei capì che eravamo diversi e che io ero un enigma. Questo volevo, sembrare un enigma.”

Mi chiedo se riusciremo insieme a recuperare quella ragazzina vivace  e a sentire  che persino una sgridata è meglio che niente. Una sera mi accorgo, per fortuna in tempo, di averle dato la fattura intestata ad un’altra. Stesso nome, stessa età e città, ma il resto è diverso. Come se anch’io l’avessi confusa nella nebbia, dimenticandola.

Le chiedo cosa ha sentito quando si è accorta del mio errore e lei mi risponde “fastidio, come bollicine nello stomaco, quasi una scossa elettrica.”

La magia della psicoterapia relazionale sembra più forte di qualsiasi silenzio interiorizzato. Forse, all’interno dello spazio protetto della terapia, Ludovica può cominciare a sentire le emozioni negate.

Sorridiamo insieme.

 

 

Dr.ssa Barbara Capestrani