Riflessioni sulla pandemia e sull'esistenza | Studio Elios Brescia
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Voglio una bicicletta: riflessioni sulla pandemia e l’esistenza

Voglio una bicicletta: riflessioni sulla pandemia e l’esistenza

“Sogniamo continuamente, sia durante il sonno che da svegli. Cosi come nel cielo la luce delle stelle è oscurata dal bagliore del sole durante il giorno, il sogno continua quando siamo svegli, anche se è oscurato dal bagliore della veglia.”  (Ogden, 1997).

IL SOGNO

E dire che ho sempre avuto problemi di equilibrio e di coordinazione. Sono un po’ goffa, insomma. Ma si sa, con la pratica, l’orgoglio e la determinazione possiamo far fronte ad alcune incapacità innate. Così mi sono immaginata su di una bicicletta un po’ old style, con un bel cestino di vimini nel quale mettere il cane con le orecchie al vento. Anche su questo ultimo punto ci sarebbe qualcosa da dire dato che la belva in questione pesa venticinque chili e non si farebbe mai mettere in un cestino. Ma è stato lo stesso un bel sogno.

Una sera di inizio estate, una città in parte mai visitata in parte conosciuta, e io che pedalo su una bicicletta un po’ vintage con il cane nel cestino, cercando di evitare una grande auto rosso fiamma che viaggia a tutta velocità nella mia direzione. Una Dodge Viper scoperta con dei ragazzi a bordo e io che pedalo preoccupata sperando di non farmi travolgere. Alla fine ce la faccio e la fatica l’ho sentita davvero, anche nel sogno.

 

RIFLESSIONI

Questo momento storico così difficile non può non farci riflettere e condurre a trasformazioni. C’è un’ansia diffusa nel ricominciare a vivere. Nonostante tutto il dolore, i morti, la disperazione e la paura, la pandemia ha permesso a molti di riflettere. Molte questioni erano già presenti, sospese, affogate nella quotidianità frenetica. La sospensione, il vuoto, se fatto parlare, permette di farle emergere. Ognuno poi le affronta come può. Io ho deciso di pensarci, di evitare una ripetizione nell’invischiamento di parte della vita precedente, tornando ad essa, ma, allo stesso tempo, prendendone distanza. Con l’obiettivo di sentirmi del tutto viva e presente, di esistere veramente. Mi sta aiutando, forse, uno dei pochi vantaggi dell’invecchiamento, il sogno lo dice. Il prendere coscienza di se stessi appare una necessità imprescindibile quando la giovinezza si esaurisce e ti guardi indietro. Ed è un tempo velocissimo. E la vita è una sola, caratterizzata da un effetto domino che fa sentire il peso di tutti i mattoncini che si sono accatastati gli uni sugli altri nel nostro cammino.

Io personalmente non credo alla possibilità di una seconda vita che si scatena improvvisa a partire da uno stacco rispetto a quella che si è vissuta fino a pochi istanti prima. Credo ad una seconda vita che parte dallo stesso sentiero della precedente, ma mantenendo un’andatura che può finalmente essere “scelta”. Non ho mai assistito, anche in terapia, a cambiamenti radicali che non avessero già germogliato in passato. Non credo ai viraggi improvvisi che siano scelte autentiche e non reattive. Possono succedere, ma solitamente non danno esisti positivi e si esauriscono in fretta. Quello che da metà vita in poi può succedere, è già scritto durante la giovinezza, ma a volte si perde durante la corsa sfrenata che caratterizza la vita giovane.

 

SPERANZA

La speranza è che quel germoglio possa poi essere visto, avvertito, fatto proprio, mentre prima lo si notava solo nei rari momenti in cui si cerca di osservare ciò che rimane sospeso, come filigrana preziosa. Anche dopo una pandemia, la vita può essere ripensata, rilanciata, sfrondata. Alleggerita da ciò che è greve, ingombrante, da ciò che la blocca e la tiene imprigionata. Possiamo imprimerle una nuova partenza. Adesso è possibile cogliere quelle coerenze, aspetti e configurazioni dell’esistenza, che erano già presenti, ma restavano per lo più invisibili e non riconosciuti. Non si tratta quindi di una seconda chance, l’immagine inflazionata dell’impiegato insoddisfatto che apre un chiosco sulla spiaggia caraibica. Solo una seconda vita in continuità con la precedente può risultare veramente possibile, ma caratterizzata dal fascino della scoperta di mutazioni minime, cambiamenti sottili che si intersecano tra loro dando vita a nuove opportunità che finalmente si dipanano su di una trama già scritta.

 

LUCIA

Lucia è una piacevole signora di 57 anni, ed è vedova da quattro. Durante lo scorso anno frequenta un uomo per il quale nutre sentimenti ambivalenti e confusi. Lucia è stata sposata per circa quaranta anni e racconta di un matrimonio solido e felice, seppure con alcune zone d’ombra. Come quella sensazione di copione già scritto, dove sei un personaggio secondario in una  storia scritta per altri. Tanti giorni accanto a qualcuno che fa un proprio percorso perchè così deve essere. Come gli ultimi anni, ben cinque, che hanno caratterizzato la lunga e tremenda malattia del marito. Ma anche prima, quando lei segue tre figli e una madre problematica, e lui si dedica al lavoro, perchè cosi deve essere, e alla politica, che è la sua passione. Un grande amore, anche se spesso c’era quella sensazione come di fame d’aria. Ora potrebbe vivere una nuova storia, con un uomo che le piace e che l’adora al punto che vorrebbe vivere con lei per sempre, lasciando la moglie senza nessun rimpianto o indecisione. Vivere con lei per sempre, o per il tempo che resta. Che è una cosa diversa. Viene in terapia spaventata e confusa, proiettando sui figli preoccupazioni circa la scelta che sta per fare. Dice di essere sicura che loro non sarebbero d’accordo se si risposasse e ha paura di tradirli e di abbandonarli. La realtà è che questi ormai giovani adulti, impegnati nelle loro frenetiche vite, le regalano una bella valigia per il compleanno. Lavoriamo insieme sui sentimenti confusi ed aggrovigliati, sulle emozioni contrastanti che non la fanno dormire, le arrossano il viso in un’agitazione senza senso apparente. A poco a poco, compaiono sprazi di sereno che sanno di desiderio di libertà e di autonomia. Si ricollegano a quel senso di oppressione che spesso sentiva nella sua vita precedente di moglie e madre perfetta. Racconta che le è sempre piaciuto camminare da sola, sogna giornate in città per girovagare senza meta e nessuno che la riconosce. Lo scorso anno è andata qualche giorno in vacanza senza nessuno e ha scoperto che, dopo il primo sgomento, non è poi così male. In tutta la sua vita si scorge, in filigrana, la voglia di libertà e di autonomia frammista ai doveri e alla paura dell’abbandono che caratterizza un’infanzia difficile e deprivata. Scopre oggi di avere risorse inesplorate, un io-soggetto capace di decidere, pur sempre rispettando gli altri, ma senza dover vivere la loro vita. Così abbandona la nuova avventura matrimoniale e comincia una nuova esistenza che dispiega nuove possibilità e soprattutto nuovi ritmi. Poco prima della decisione, peraltro sofferta, Lucia sogna di regalarmi un libro con un titolo che dice tutto, “Il traghettatore”. Mi sono sentita non tanto Caronte, quanto piuttosto qualcosa di simile ad un’aliante.

 

SOGNARE INSIEME IL BISOGNO DI VERITA’

Ecco che spesso il passaggio dalla prima alla seconda vita si sprigiona per decantazione all’interno di un sogno, inteso come esperienza viva di trasformazione dell’esistenza. Sogni vivi e reali che trasformano i pensieri, sogni ed esperienze durante i quali si diventa più vitali e  reattivi nei confronti della propria esperienza nel mondo reale, più disposti ad accettarci per quello che siamo e maggiormente in grado di parlare con noi stessi e con gli altri di ciò che ci accadde.

Ecco che “il sogno è una seconda vita” (Nerval). Il mio, quello della bicicletta, quello di Lucia un libro ancora da scrivere. Entrambe rallentiamo, cominciando ad esistere davvero.

 

Dr.ssa Barbara Capestrani

 

Gerard de Nerval, Aurelia, ovvero il sogno e la vita, 1854.

Francois Jullien, Una seconda vita, 2017.

Thomas H. Ogden, Vite non vissute. 2016.

Thomad H. Ogden, conversazioni al confine del sogno, 2003.