Gli aspetti nascosti della terapia on-line | Studio Elios
Sappiamo tutti che la tecnologia ci ha offerto il modo per non perderci in questo momento di sconfortante smarrimento, ma il suo utilizzo non è scontato.
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Quando la terapia online può evidenziare aspetti nascosti

Quando la terapia online può evidenziare aspetti nascosti

 

“Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano “ (I. Newton)

 

Come un sogno nella nebbia

In questo periodo di comune apprensione e confusione, mi sono accadute cose strane.

Avevo già fatto delle terapie a distanza, ma le ho sempre pensate come un ripiego correlato a situazioni impreviste ed anomale, un improvviso trasloco o per un professionista alla stregua di Tom Hanks in “The terminal”. Non potevano lontanamente competere con l’esperienza reciproca di due o più persone reali nella stanza e sono della stessa idea anche adesso.

Ma sappiamo tutti che la tecnologia ci ha offerto il modo per non perderci in questo momento di sconfortante smarrimento e quindi il suo utilizzo mi sta aiutando a non smarrirmi del tutto dentro i confini estranei di un mondo cambiato e distante.

Spesso adesso mi sembra di stare dentro ad un sogno dai contorni sfumati e situazioni paradossali.

Come avvolta nella nebbia. E cosi, anche per non perdermi del tutto, mi infilo gli auricolari e cerco di mantenere i contatti iniziati nel mondo reale di poco tempo fa. Quasi tutti i miei pazienti si sono dimostrati abbastanza propensi all’utilizzo delle videochiamate o di skype, anche chi non è avvezzo al loro uso o rifugge dai social.

Pensando a Carlo non avevo un minimo dubbio.

Scoperta inaspettata

Carlo, nella mia mente, doveva essere l’ultima persona ad avere problemi con la tecnologia. Lavora in un’agenzia di comunicazione, vanta un master in digital marketing e vive in simbiosi col suo iPhone.

Ci conosciamo da circa una quindicina d’anni. Aveva chiesto aiuto quando era molto giovane per riuscire a svincolarsi da una realtà familiare sentita come opprimente, “come pece sulle ali di un gabbiano”. Dopo un lungo e travagliato lavoro sull’individuazione, improvvisamente sparisce, non senza aver preannunciato l’uscita di scena con una serie di attacchi di vario tipo. Il mio studio diventava improvvisamente lontano, gli orari concordati difficili da mantenere, le mie interpretazioni cause di ansie inaspettate.

Quando lo rivedo, circa tre anni fa, la sua estroversione e intelligenza mi distraggono dal ricordo di quell’uscita di scena cosi poco pensata. Carlo oggi è un professionista di successo alle prese con un matrimonio a suo dire insoddisfacente. È solo apparentemente presente, come se parlasse a sé stesso e spesso mi scopro a chiedergli direttamente perché sta venendo e cosa sta cercando.

E anche questa volta i segnali di allarme rimangono confusi nella nebbia di un eloquio vivace e mutevole. Non come i suoni delle ambulanze che passano da giorni sotto casa mia ricordandomi dolorosamente che no, non è un sogno.  Probabilmente resto imbrigliata nella narrazione della sua “favola personale”, contornata da immagini grandiose e invulnerabili, senza arrivare a toccare il vuoto e la svalutazione che c’è sotto. Resto così inaspettatamente sorpresa quando gli propongo la possibilità di sentirci via skype e Carlo mi risponde negativamente. Non se la sente, non è l’orario giusto e da casa la moglie potrebbe sentire. E poi la connessione, dovrebbe usare i dati e c’è il problema della privacy…

 

Come un cambiamento inatteso è un faro nella nebbia

Come quando da piccoli usavamo il setaccio in spiaggia e ciò che rimaneva era una sorpresa, così il cambiamento della modalità comunicativa rivela ciò che resta davvero. Un legame fragile il nostro, come tutti quelli di Carlo, che non resiste nemmeno a piccole modifiche temporanee.

Quasi che per lui ci volesse sempre un trattamento di favore, preferenziale, e se non riesce ad ottenerlo o a comandarlo, semplicemente si arrabbia e se ne va. La versione maschile della “Principessa sul pisello”. Mi rimangono in testa molti interrogativi e, data la situazione contingente, nessuna energia né desiderio di combattere per raggiungerlo nel suo mondo fatato e distante. Contro reagisco dicendomi che con lui è meglio aspettare il diradarsi delle nebbie e vedere insieme se e cosa rimane di noi.

Il paradosso di tutta la storia è che l’unico paziente tecnologico è il solo a rifiutare dubbioso la terapia da remoto. Penso a cosa sta cercando di dirmi dietro la richiesta di non usare con me la tecnologia che lo rende contemporaneamente schiavo e potente…Ho fiducia che lo spazio vitale che abbiamo creato insieme necessiti di essere preservato dallo tsunami che ci sta accadendo e che questa sia la richiesta che inconsapevolmente mi pone. A presto Carlo!

 

Dr.ssa Barbara Capestrani